Negli ultimi anni è cresciuta la consapevolezza dei consumatori su quali cibi è opportuno consumare quotidianamente e quali meno, sulla qualità dei prodotti acquistati e più in generale si è riscontrata una maggiore attenzione alla nostra alimentazione, fattore fondamentale per la salute e la qualità della vita.
Sicuramente la parola chiave per una giusta alimentazione è “equilibrio”, non ci sono infatti cibi assolutamente dannosi per la salute, come non esistono alimenti che “guariscono” da un malanno: seguire un regime alimentare corretto vuol dire seguire una dieta equilibrata, che contenga una varietà di cibi senza eccedere con alcuno di questi. Sicuramente possiamo considerare frutta e verdura più salutari di insaccati e alimenti ricchi di zuccheri, ma nell’insieme per stare bene è necessario dotare il nostro corpo, non occasionalmente, ma tutti i giorni, della giusta quantità di nutrienti.
Il piatto del mangiar sano
Gli esperti nutrizionisti della Harvard T.H. Chan School of Public Health hanno studiato quello che possiamo definire un pasto tipo, consigliato per disporre ogni giorno delle giuste quantità di sostanze nutritive per ogni pasto, e chiamato “Il piatto del mangiar sano”. Lo studio si esprime attraverso un semplice schema che riprende proprio la forma di un piatto, nel quale sono indicate le percentuali di tipologie di cibo necessarie affinché pranzo e cena siano più salutari possibile.
Immaginiamo quindi di dividere il nostro piatto in 3 parti: nella prima parte, quella che occuperà metà piatto, troveranno posto gli ortaggi, mirando alla varietà ed escludendo le patate, e la frutta di stagione. Poi dedicheremo ¼ del piatto ai cereali integrali: pane integrale, pasta e riso integrale, limitando al massimo pane bianco e riso bianco che appartengono alla famiglia dei cereali raffinati. L’ultimo ¼ di piatto conterrà invece legumi, carni bianche (pollo e pesce), limitando carni rosse e formaggi e evitando carni lavorate come gli insaccati. A margine di questo schema è importante segnalare la necessità di usare oli come l’extravergine di oliva sia per cucinare che per condire, cercando di limitare l’uso del burro.
Seguendo il “nostro” piatto, è facile capire quali sono i cibi da promuovere, quelli da limitare e quelli da tenere lontani dalla nostra tavola.
Le carni lavorate, ovvero prodotti di carne animale che hanno subito un processo di cottura, salatura e stagionatura che ne modificano le molecole, come insaccati, salsicce, pancetta, sono ritenuti da evitare rispetto alle carni rosse delle quali è consigliato un consumo limitato.
Carni rosse e carni lavorate sono in qualche modo collegate all’insorgenza del cancro?
Secondo la Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro carni rosse e carni lavorate sono da considerare rispettivamente “cancerogeni umani probabili e certi”. Questo non vuol dire assolutamente che la carne rossa o un qualunque insaccato facciano ammalare di cancro, ma che gli studi statistici condotti fino a oggi hanno dimostrato che la carne rossa, ma ancora di più quella lavorata, aumenta il rischio di sviluppare diverse patologie tra cui il cancro. È quindi preferibile assumere quelle stesse proteine che provengono dalle carni rosse, da quelle bianche come pollo e pesce, o ancora meglio quelle contenute nei legumi e nella soia.
Gli studi presi in considerazione dall’AIRC non tengono comunque in considerazione il caso singolo, ma si basano su studi statistici che riguardano l’intera popolazione, perché per ognuno di noi, nello sviluppo di tali patologie, vanno considerati fattori quali il corredo genetico, familiarità, abitudini e stili di vita.
Il consumo elevato di carne, come già detto, può essere tra le cause di svariate patologie diverse dal cancro, quindi ridurne l’assunzione quando ci sediamo a tavola non può che far bene all’intero organismo. Una di queste, alla quale si può andare incontro quando le nostre abitudini alimentari abbondano di grassi saturi e è l’aumento del colesterolo e di conseguenza rischi cardiovascolari e arteriosclerosi.
Secondo uno studio dell’American Journal of Clinical Nutrition, riportato anche dalla Fondazione Veronesi, carni rosse e carni bianche avrebbero lo stesso impatto a livello di colesterolo nel sangue, quindi la probabilità di rischi cardiovascolari sarebbe alla pari. Lo studio infatti ha previsto una dieta ad alto apporto di proteine suddividendo l’esperimento in tre fasi: la prima ha previsto una dieta a base di carni rosse, la seconda a base di carni bianche e la terza a base di vegetali. Nelle prime due fasi si è notato che, a prescindere dalla quantità di grassi saturi, i livelli lipidici dei soggetti esaminati restavano invariati, a differenza dei bassi tassi di colesterolo Ldl e totale riscontrati durante il periodo di dieta senza carne.
Il risultato di questa ricerca, per quanto smentisca l’opinione comune secondo la quale le carni rosse siano causa di colesterolo alto più delle carni bianche, non nega che una dieta più sana preveda un consumo limitato delle carni rosse, come spiega la dottoressa Elena Dogliotti, biologa nutrizionista e supervisore scientifico di Fondazione Umberto Veronesi, a causa della “probabile correlazione tra un eccessivo consumo di carni rosse e alcuni tipi di tumore”.
Ancora una volta è quindi fondamentale ribadire come sia importante bandire gli eccessi dalla nostra tavola in quanto nessun alimento può essere considerato di per sé pericoloso e dannoso, (escludendo ovviamente allergie, intolleranze o precise indicazioni del proprio medico su alcuni cibi da evitare) ma sarà sempre opportuno tenere d’occhio il nostro “piatto del mangiar sano”.